Negli ultimi anni, l’attenzione verso il benessere aziendale è cresciuta in modo esponenziale, assumendo un ruolo centrale nella creazione di ambienti lavorativi produttivi e soddisfacenti. In un contesto in cui le imprese tradizionalmente miravano principalmente alla redditività, oggi si riconosce sempre più l’importanza di investire nel welfare e nel wellbeing dei dipendenti.
Nel 2015, Eurofound, l’Agenzia Europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, ha sottolineato che “lavorare in modo sostenibile significa, innanzitutto, creare le condizioni affinché le persone possano sviluppare la propria professionalità e rimanere attive durante tutta la loro vita in un’ottica di costante occupabilità, eliminando i fattori che scoraggiano od ostacolano l’ingresso, la permanenza e la crescita nel mondo del lavoro”.
Per garantire una crescita sostenibile e duratura dell’azienda, della sua produttività e delle persone che ne fanno parte, è dunque indispensabile promuovere e preservare un elevato grado di benessere che tenga conto della dimensione psicologica, fisica e sociale dei lavoratori. Tale principio si estende a tutti i settori e ad ogni livello, contribuendo non solo al successo e all’efficienza dell’azienda, ma anche al benessere individuale di coloro che ne fanno parte.
Nell’ambito della sostenibilità aziendale e del benessere organizzativo, inteso come costruzione di un ambiente di lavoro migliore, più sicuro e motivante, è bene differenziare i termini wellbeing e wellness, spesso utilizzati come sinonimi.
Se, da una parte, il wellness si concentra principalmente sulla salute fisica, incorporando aspetti come una dieta equilibrata, l’esercizio regolare e le pratiche di cura personale, il wellbeing riguarda una dimensione più ampia. Questo concetto, infatti, oltre a tenere conto della salute fisica e delle sane abitudini, abbraccia la salute mentale, emotiva e sociale, incorporando elementi come il bilanciamento lavoro-vita, le relazioni interpersonali e la crescita personale e professionale.
Attraverso programmi di salute e benessere, iniziative di flessibilità lavorativa e supporto per il work life balance, il wellbeing non solo riduce e previene fenomeni quali la Great Resignation (dimissioni di massa), l’assenteismo, il quiet quitting e il burnout, ma incrementa anche la produttività complessiva della forza lavoro.
Il welfare aziendale si estende ben oltre il semplice salario, abbracciando iniziative progettate per migliorare la qualità della vita dei dipendenti.
In base alla definizione data dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 28 del 15 giugno 2016, il welfare aziendale è l’insieme di «prestazioni, opere, servizi corrisposti al dipendente in natura o sottoforma di rimborsi spese aventi finalità (…) di rilevanza sociale, escluse dal reddito di lavoro dipendente».
Queste iniziative possono includere assicurazioni sanitarie, programmi di sviluppo personale e professionale, assistenza all’infanzia e altro ancora. L’obiettivo non è solo migliorare la vita dei dipendenti, ma anche stabilire un legame più profondo tra l’azienda e i suoi collaboratori, creando un ambiente di lavoro positivo.
Le aziende che abbracciano iniziative di welfare e wellbeing sperimentano una serie di benefici tangibili: i dipendenti si mostrano più motivati e coinvolti quando percepiscono il sostegno dell’azienda, contribuendo a un ambiente di lavoro positivo.
Inoltre, un basso tasso di turnover riduce i costi legati alla formazione di nuovi dipendenti, generando un risparmio finanziario a lungo termine.
L’implementazione di tali misure richiede un approccio strategico. Le aziende dovrebbero condurre valutazioni delle esigenze dei dipendenti per identificare le aree che richiedono maggiore attenzione e, successivamente, sviluppare programmi personalizzati, tenendo conto delle esigenze specifiche della loro forza lavoro.
Comunicare chiaramente queste iniziative è altrettanto essenziale per garantire che i dipendenti ne siano consapevoli e ne traggano pieno vantaggio.
Delle buone strategie di Welfare e Wellbeing:
Lo stress rappresenta, infatti, uno dei principali fattori di rischio non solo per il lavoratore (possibile conseguente burnout) ma per l’azienda stessa con il verificarsi di complicazioni a livello organizzativo e di prestazioni individuali e ripercussioni economiche.
In conclusione, il welfare e il wellbeing aziendale non sono semplici lussi, ma investimenti chiave per un futuro sostenibile. Il benessere dei dipendenti è la linfa vitale di un’azienda ed influenza non solo la produttività ma anche l’immagine aziendale e la sua resilienza nel lungo periodo. Investire nelle persone significa quindi investire nel successo aziendale e nella sostenibilità del lavoro.
Dott.ssa Chiara Taglialatela
Consulente Pedagogica Aziendale – Specializzata in welfare e wellbeing
Pedagogista – Professionista disciplinato ai sensi della Legge 205 del dicembre 2017, commi 594-601, e dalla Legge 4/2013.
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